Editoria religiosa secondo lettori e librai

È cresciuto del 14% il numero delle persone che dichiarano di aver letto libri del settore

ROMA - Un movimento in crescita: negli ultimi otto anni, il numero di persone che dichiarano di aver letto libri di argomento religioso è cresciuto del 14%. Da poco più dei due milioni e mezzo che erano, i lettori di libri religiosi sono diventati oltre tre milioni; un incremento del quasi 14%, tanto più significativo se messo a confronto con i dati sulla crescita media della lettura nel nostro paese, inferiore al 5%.
I numeri, più delle parole, rendono tangibile la realtà dei fatti. E di un fenomeno, quello dell'editoria religiosa (cattolica in primis), che è ormai sotto gli occhi di tutti (noi stessi ce ne stiamo occupando da alcuni mesi). I dati, freschi, provengono da una ricerca condotta dall’Ufficio studi dell’Associazione italiana editori (Aie) per conto dell'Unione editori e librai cattolici italiani (Uelci); Giovanni Peresson, dell’Aie stessa, li ha presentati nel corso di un recente incontro organizzato a Roma, volto non solo a circoscrivere il fenomeno nelle sue proporzioni, ma a tracciare un profilo qualitativo della domanda (i lettori) per poter orientare l’offerta (gli editori).
Chi sono questi lettori? È possibile tracciarne un identikit? Se fino a qualche decennio fa se ne poteva individuare lo zoccolo duro nelle fasce d'età più elevate e nel clero, oggi la realtà è molto differente.
Innanzi tutto è diverso il rapporto fra società e religione, come testimoniano i dati sulle vocazioni; alla crisi del sacerdozio corrisponde una laicizzazione dei lettori; un numero sempre crescente di privati cittadini, indipendentemente dalla professione esercitata, si avvicina a libri di argomento religioso e spirituale. In termini numerici, questo dinamismo è andato tutto a vantaggio degli editori, che hanno visto ampliare il proprio bacino di potenziali clienti, adattandovi le proprie politiche. Una secolarizzazione delle tematiche, diremmo, che è andata arte non solo incontro ad esigenze commerciali, ma che ha modernizzato l'approccio con argomenti che sono pian piano entrati nel dibattito comune. Il lettore attuale ha una visione del mondo più aperta ed ecumenica: sente parlare di bioetica nei talk show e ne legge sui quotidiani; attraverso i viaggi e attraverso il web acquisisce nozioni su altre culture e religioni: disordinate e il più delle volte superficiali, ma sufficienti per stimolare interesse e curiosità. Ecco dunque che tutta l'editoria religiosa, non solo quella cattolica, risente positivamente del nuovo clima di dinamismo socioculturale.
Fra i miei clienti ci sono sempre meno religiosi e più laici. - afferma enzo pagani, della libreria Buonastampa di bergamo - persone che condividono responsabilità religiose (catechisti, insegnanti, educatori, ndr) ma anche un tipo di clientela più fluida: semplicemente persone credenti ma non impegnate in prima persona«sul fronte» il notevole incremento dei lettori di tutte le fasce d'età (in particolare gli adulti fra i 24 e i 54 anni) non ha avuto come conseguenza un boom delle librerie religiose; fra il 2006 e il 2008 anzi circa 200 librerie indipendenti hanno chiuso i battenti, ma un centinaio di esse hannno potuto continuare a esistere confluendo nel bacino delle catene librarie, attraverso il franchising. Alla luce di quanto detto poc’anzi, non ci si deve stupire; si devono rilevare, semmai, la tutto sommato buona tenuta delle librerie esistenti e la significativa crescita di alcune catene (san paolo in testa). Del resto il lettore odierno è sempre meno legato al punto vendita specializzato; acquista il prodotto editoriale anche presso la libreria generalista o addirittura ai grandi magazzini; è sempre più un lettore«globale » che include il libro religioso in un carrello della spesa che contiene anche altro.
Gli editori se ne sono accorti e, come accennato, hanno adattato le proprie politiche al nuovo mercato; il ventaglio dei temi trattati si è ampliato, così come i confini culturali; fra le case editrici cattoliche sono sempre più quelle che ospitano autori appartenenti ad altre comunità religiose, cristiane e non (islam, per citare un esempio). I temi dell’intercultura e del dialogo interreligioso, figli del nostro tempo e della società multietnica, sono entrati con autorevolezza nel catalogo degli editori religiosi. Inoltre le coedizioni (edizioni prodotte in associazione con un partner straniero) hanno contribuito negli ultimi anni all'internazionalizzazione del movimento editoriale italiano. La barriera che divideva gli editori religiosi da quelli laici è stata abbattuta - sostiene pagani, e non ha tutti i torti. Il profilo aziendale dei membri dell'una e dell'altra categoria è oggi sempre più simile: un editore religioso può occuparsi oggi di scolastica (non solo libri di religione), di letteratura per ragazzi o anche di varia.
Negli ultimi tempi - conferma Donato Falmi, di città nuova - si sta compiendo il tentativo di percorrere una via a metà strada fra editoria laica e editoria religiosa.
Una strada percorsa in due direzioni: sul fronte dell’editoria laica, infatti, l’interesse per i temi religiosi è sempre più forte (nel 2008 ben 483 case editrici, in Italia, avevano nel proprio catalogo almeno un titolo con argomento religioso) ed è ormai un movimento consueto la migrazione di autori di libri religiosi verso le grandi case editrici generaliste.
Si tratta di un movimento che conosciamo bene e che può essere facilmente compreso - commenta Falmi - se si pensa al prestigio e alla visibilità che può dare un grande marchio editoriale, oltre a garantire una distribuzione più capillare, vale a dire vendite migliori. Questo però non priva noi editori cattolici di un ruolo fondamentale, il contributo nel far crescere giovani studiosi che poi magari pubblicheranno anche con altri marchi.
Parola chiave: distribuzione capillare. Nel mondo «fluido» di oggi, in cui editoria laica e religiosa si fronteggiano in una partita comune, è proprio la grande distribuzione l’obiettivo delle più forti fra le case editrici cattoliche, il terreno su cui giocare le proprie carte per il prossimo futuro.

Francesco Bianco

(da «La Discussione», 20-21/12/2009, p. 13)

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