Questo articolo è tratto da La formazione delle parole in italiano, a cura di M. Grossmann e F. Rainer, Niemeyer, Tubinga 2004, pp. 591-597.

10.4. Botanica e zoologia

Uno dei compiti più importanti della botanica (detta anche fitologia) e della zoologia è la classificazione degli esseri viventi; a tale obiettivo è dedicata un' apposita disciplina, detta sistematica, la quale, sulla base di informazioni desunte da altre branche delle due scienze, si occupa di denominare i viventi e ordinarli entro un sistema organico (tassonomia).1

La sistematica zoologica, che studia gli animali sotto l' aspetto descrittivo classificandoli secondo le affinità, si divide in vari rami: mammalogia (studio dei mammiferi), ornitologia (uccelli), erpetologia (rettili e anfibi), ittiologia (pesci), entomologia (insetti), malacologia (molluschi), ecc. I dati per la classificazione dei «tipi animali»o phyla sono principalmente morfologici; contributi importanti, tuttavia, vengono anche dall' anatomia comparata e dalla fisiologia. La sistematica botanica ha un compito del tutto analogo: i dati presi in considerazione sono i caratteri morfologici e fisiologici; contributi importanti li formisce pure la paleobotantica (o paleontologia vegetale).

Il carattere tassonomico di tali discipline impone frequenti e rigorose applicazioni dei meccanismi di FP. Prefissazione, suffissazione e composizione sono largamente praticate per formare fitonimi e zoonimi trasparenti. L' obiettivo è quello di ottenere un sistema di nomenclatura sempre più preciso e semplice, utilizzabile dagli studiosi di tutti i paesi; nel Preambolo del Codice di Tokyo (botanica) si dichiara esplicitamente «lo scopo di fornire un metodo stabile per la denominazione dei gruppi tassonomici evitando e rigettando l' uso di nomi che possano causare errore o ambiguità o indurre la scienza in confusione» (Greuter et al. 1997, 15).

Ciò non impedisce che, accanto alla nomenclatura ufficiale, rigorosamente stabilita dagli organismi preposti a tale scopo e codificata in latino (lingua che affianca e in parte sostituisce l' inglese nella comunicazione fra gli studiosi; cfr. § 4.1), si sviluppino o mantengano denominazioni alternative, proprie delle diverse scuole e tradizioni. Nomi comuni, in lingua italiana (sintagmi N + A), sono frequentemente usati accanto a quelli scientifici per indicare le diverse specie: (Pinus pinea vs pino domestico, Carcharodon carcharias vs squalo bianco).2 Legate ad un uso ancor più circoscritto e riferito al territorio sono poi le denominazioni locali, italiane o dialettali: rispetto alla sistematica vera e propria si tratta di un' area di confine o addirittura di un’area del tutto estranea; tuttavia, come spesso accade, la tradizione popolare rivela una finezza e un' attenzione che talvolta non hanno nulla da invidiare alla cultura "ufficiale" (Beccaria 1995).

Il sistema di classificazione in uso oggi è essenzialmente quello della nomenclatura binomia di Carlo Linneo.3 Alla base di tale classificazione vi sono tre condizioni: (a) l' accertamento delle famiglie naturali (i tipi); (b) l' identificazione del criterio di riconoscimento (indice tassonomico); (c) la possibilità di dedurre, in base alle presenze contenute nella tavola, altre specie dotate di forme e proprietà ancora ignote.

Per designare le specie, la nomenclatura binomia si serve di due vocaboli latini: il primo, riferito al genere, è un sostantivo con la maiuscola iniziale. Ad esso si aggiunge il nome specifico (in botanica chiamato epiteto): un sostantivo o, più frequentemente, un aggettivo scritto con la minuscola iniziale.4 Subito dopo si trova il nome (abbreviato: l' iniziale oppure le prime tre o quattro lettere) del primo autore che ha scoperto la specie: Rana esculenta L. (L. = Linneo), Abies alba Mill. (Mill. = Miller), Pinus nigra Arn. (Arn. = Arnold). Per le sottospecie si usa una nomenclatura trinomia: Rana esculenta marmorata. Un' ulteriore complicazione a tale sistema classificatorio può venire dalla presenza, fra il nome generico e quello specifico, di un nome sottogenerico, indicato fra parentiesi tonde: Fundulus (Zygonectes) nottii nottii.

Il sistema di Linneo presenta due fondamentali difetti: a) un' eccessiva rigidità, per la quale specie che differiscono solo per pochi tratti sono inserite in categorie diverse; b) si fonda sul fissismo, principio secondo il quale sulla Terra si troverebbero attualmente le stesse specie create da Dio. Nonostante tali “difetti”, i principi di Linneo sono ritenuti ancora del tutto validi. Su di essi infatti si fondano il Codice internazionale di nomenclatura botanica e il Codice internazionale di nomenclatura zoologica, i quali sono riesaminati e ridiscussi periodicamente nel corso di convegni specialistici.5

10.4.1. Affissazione e gruppi tassonomici

Tanto in botanica quanto in zoologia i gruppi tassonomici (taxa) sono ordinati in ranghi consecutivamente subordinati; ogni individuo, pertanto, appartiene a un numero di taxa indefinito. I ranghi necessari all' identificazione dell' individuo sono due: genere (lat. genus) e specie (lat. species), secondo i principi di Linneo. Gli altri ranghi principali, in ordine ascendente, sono: famiglia (lat. familia), ordine (lat. ordo), classe (lat. classis), divisione (lat. divisio o phylum), regno (lat. regnum).6

L' appartenenza di ciascun taxon al proprio rango è segnalata da un apposito suffisso: nel regno vegetale -phyta è il suffisso per la divisione (lat. Bryophyta -› ital. briofite; lat. Chlorophyta -› ital. clorofite; lat. Phaeophyta -› ital. feofite);7 per la classe si hanno tre suffissi: a) -phyceae per le alghe (lat. Chlorophyceae -› ital. cloroficee; lat. Schyzophyceae -› ital. schizoficee); b) -mycetes per i funghi: (lat. Basidiomycetes -› ital. basidiomiceti; lat. Ascomycetes -› ital. ascomiceti); c) -opsida8 negli altri gruppi di piante (lat. Cycadopsida -› ital. cicadopside; lat. Coniferopsida -› ital. coniferopside); meno regolare è la formazione dei nomi degli ordini: alcuni di essi (detti tipificati) sono creati sulla base del nome di una famiglia ad essi appartenentente, sostituendo la terminazione -aceae con -ales: Fucales, Polygonales, Ustilaginales;9 altri (detti descrittivi), per i quali non si può stabilire una regolarità morfologica, descrivono caratteri distintivi del taxon: Centrospermae, Parietales, Farinosae; il suffisso delle famiglie è -acee (lat. scient. -aceae); come base si usa oggi il nome di un genere appartenente alla famiglia, privato della desinenza: Rosacee, Salicacee, Rhodophyllacee, Sclerodermatacee (lat. scient. Rosaceae, Salicaceae ecc.)

La tipificazione (estensione della base di un taxon alla denominazione di un taxon superiore), come nel caso degli ordini, contribuisce a dare regolarità al sistema, in conformità con gli obbiettivi dei tassonomi; negli ultimi anni molte denominazioni di famiglie sono state sostituite con nuove formazioni di questo tipo (N generico + -acee); alcune di esse, tuttavia, in uso da lungo tempo, si sono mantenute, e quindi convivono accanto alle nuove: Palmae vs Arecacee (tipo Areca L.), Gramineae vs Poaceae (tipo Poa L.), Leguminosae vs Fabaceae (tipo Faba Mill.), Compositae vs Asteracee (tipo Aster L.), Guttiferae vs Clusiaceae (tipo Clusia L.).

Genere e specie, i taxa fondamentali, sono soggetti a norme assai meno vincolanti; sebbene si tenda ad usare la lingua latina o a servirsene come modello cui adattare basi di orgine diversa, la scelta resta arbitraria e può differire dall' uso consueto: Ifloga (nome di genere ottenuto anagrammando il nome Filago), (Acer) monspessulanum (dal nome della città di Montpellier), (Atropa) bella-donna, (Spondias) mombin (indeclinabile), (Connochaetes) gnu (adattamento di una voce boscimana). Frequentemente si incontrano denominazioni risalenti a nomi propri di persona (Cfr. § 4.3).

Come già accennato, l' esigenza di una classificazione più accurata di una determinata categoria di esseri viventi può richiedere la formazione di nuovi ranghi, intermedi a quelli principali e secondari. Tali “sottoranghi” (costruiti, attraverso la formazione delle parole, partendo dai ranghi principali e secondari) sono prodotti semplicemente premettendo alla base di un rango principale o secondario preesistente il prefisso sub- (ital. sotto-). Tale espediente, che permette di raddoppiare il numero dei ranghi, presenta due evidenti vantaggi: (a) evita una scomoda ma altrimenti necessaria memorizzazione dei ranghi tassonomici; (b) rende manifesto il rapporto fra i ranghi stessi: che sottordine sia un rango inferiore all' ordine è facilmente comprensibile; ciò non accade per famiglia; quest’ultimo termine non ha nessun legame morfologico con ordine.

La ricerca della trasparenza è evidente anche nella scelta dei suffissi di alcuni di questi sottoranghi: cfr. -phytina e -mycotina, suffissi delle sottodivisioni, rispettivamente da -phyta e -mycota. Come appare, si aggiunge -ina al suffisso caratteristico dell' ordine: in tal modo si manifesta apertamente il rapporto con i taxa del rango superiore. Analogamente si formano i suffissi delle sottoclassi: -phyceae -› -phycidae, -mycetes -› -mycetidae. La struttura dei termini e il loro rapporto reciproco ripropongono iconicamente quelli delle categorie ad essi soggiacenti, aumentando la coerenza del sistema e la sua facilità d’uso.

La prefissazione è assai produttiva anche al di fuori dei nomi dei ranghi e dei taxa: tipo, ad esempio, può essere preceduto da numerosi prefissi o prefissoidi (di origine classica), anche più d' uno contemporaneamente: lectotipo, paratipo, paralectotipo. Si ottengono così, partendo da vocaboli più generali, termini con un maggior grado di specializzazione (apantotipo, per esempio, è un vocabolo specializzato per gli insetti); resta da vedere in che modo si sia formati i termini che hanno come secondo elemento tipificazione: a prima vista parrebbe di trovarsi di fronte a un prefissato lecto- + tipificazione; la presenza di lectotipo, tuttavia, può far pensare a una diversa soluzione: lectotipo -› °lectotipificare -› lectotipificazione.

10.4.2. Il ruolo delle lingue classiche

La botanica e la zoologia sono due campi in cui il latino ha un ruolo fondamentale. Questa lingua, lungi dall’essere un semplice serbatoio di formanti, è a tutt' oggi usata per produrre veri e propri testi. Infatti tutt' altro che superata è l' usanza di descrivere le nuove specie (animali e vegetali) in latino. In definitiva si ha una vera e propria lingua franca in uso presso la comunità scientifica (Dardano 1994, 510ss.). A parte i problemi (difficoltà interpretative da parte dei parlanti di lingue non romanze, tentativo di sostituzione con l' inglese) che un simile uso comporta, appare chiaramente il ruolo dominante del latino.

Possiamo distinguere tre livelli dell' uso del latino: (a) la nomenclatura latina relativa alla classificazione delle specie: nomi dei ranghi e dei taxa; gli adattamenti (facilitati dalla stretta parentela e affinità delle due lingue) alla lingua italiana sono da considerarsi operazioni successive alla formazione di tale nomenclatura; ad esempio Rosali, nome dell' ordine delle Rosacee, è da considerarsi un adattamento da Rosales più che una formazione italiana a partire da Rosa + -ali < lat. -ales; (b) prestiti di formanti o vocaboli (adattati) che arricchiscono la terminologia (si escludono qui nomi dei ranghi e le basi dei taxa) tecnica; il numero di questi ultimi è assolutamente inferiore a quello dei grecismi: -forme (cimbiforme, reniforme), cuticola, spatolata; (c) latinismi crudi: nomen novum "nuovo nome esplicitamente pubblicato come sostitutivo di un nome anteriore", nomen conservandum "nome da conservare non ostante la sua irregolarità", facies "formazione vegetale che si diversifica dal tipo fondamentale per la presenza di alcune specie particolari che la caratterizzano".

Sebbene il latino sia la lingua ufficiale della tassonomia (e, seppur limitatamente a situazioni specifiche, dello scambio di conoscenze), è il greco la lingua che ha fornito il maggior numero di prestiti. Formanti greci sono presenti anzi tutto nei nomi dei taxa: affissi come -poda (Arthropoda), syn- (Syncarida) o basi come Aestoxicon (Aestoxicacee), Potamogeton (Potamogetonacee), Scleroderma (Scleratodermatacee).

Un interessante caso di alternanza fra greco e latino è rappresentato da formanti come -formes (ital. -formi) e -morpha (ital. -morfi): Coraciformes (ital. coraciformi), Piciformes (ital. piciformi), Passeriformes (ital. passeriformi) vs Lagomorpha (ital. lagomorfi), Phragmomorpha (ital. frammomorfa); interessante è pure il caso di due famiglie, le Rhodophyllacee e le Rhodophyllidacee, la prima risalente al lat. Rhodophyllus, la seconda al gr. Rhodophyllis.

Al di fuori della nomenclatura dei taxa la presenza del greco si fa ancora più massiccia e incontrastata: composti greci formano microsistemi come olotipo, lectotipo, isotipo, paratipo, sintipo, epitipo, neotipo, apantotipo; i formanti possono combinarsi fra loro oppure con elementi alloglotti, per esempio latini: si confronti, ad esempio, anamorfo, pleomorfo con morfogenere (dove si registra, fra l' altro, la posizione finale dell' elemento morfo; così anche in morfotaxon).

10.4.3. Il ruolo delle altre lingue

Contrariamente a quanto accade con altre discipline, il ruolo dell' inglese è di secondo piano: l' apporto di questa lingua è per lo più limitato, nell' uso, a sigle universalmente accettate come DNA10 o riguardanti tecnologie o esami specialistici, come PCR (polymerase-chain-reaction).

È interessante invece, benché quantitativamente limitato, l' apporto alloglotto nella tassonomia; nomi di famiglie possono venire costruiti con basi appartenenti a lingue di origine non classica: Nelumbo (parola singalese latinizzata) -› Nelumbonacee, giapp. Ginkgo -› Ginkgoacee; i nomi di genere si possono ottenere combinando formanti di lingue diverse: Sequoia (voce latinizzata dall' ingl. sequoia, a sua volta adattamento del nome Sequoyah, studioso amerindio che inventò l' alfabeto cherokee) + gr. dendron -› Sequoiadendron.11

Quest' ultimo esempio ci riporta al particolare uso di formare denominazioni a partire da nomi propri di persona:12 oltre a sequoia, possiamo ricordare: (a) per i nomi specifici: Lawson -› (Chamaeciparis) lawsoniana, Douglas -› (Pseudotsuga) douglasii; (b) per i nomi generici: Bouganville (navigatore francese, 1769-1852) -› Bouganvillea (it. buganvillea), Wellington (generale e uomo politico inglese) -› Wellingtonia, Gerber (naturalista tedesco) -› Gerbera. I nomi propri con cui si formano i nomi specifici non vanno confusi con quelli degli studiosi che hanno scoperto la nuova specie (indicati, piuttosto, con le iniziali del cognome); si tratta, piuttosto, di nomi di colleghi cui lo scopritore decide di dedicare la specie. Un nome proprio può essere presente nella forma del genitivo, come Douglas -› °Douglasius -› douglasii, oppure nella forma di aggettivo denominale: Lawson -› lawsoniana.

10.4.4. Polirematiche, lingua comune e tassonomie locali

Possiamo distinguere due tipologie fondamentali: (a) N+di+N: principio di priorità, sottodivisione di genere, suddivisione di famiglia; (b) N+A: epiteto finale, specie standard, diagnosi differenziale.13 Assai ricco di unità lessicali superiori è pure il vocabolario dell' anatomia:14 canale di suzione, muscolo nototrocanterico, tubi malpighiani, palpi labiali, catena ganglionare ventrale, seno pericardiale.

Il tipo N+A trova largo uso nelle denominazioni comune delle specie (in lingua italiana), ottenute italianizzando il nome del genere combinato con un A o SA; spesso si tratta di pura e semplice traduzione del sintagma originario: lat. Abies alba > it. abete bianco; in botanica l' aggettivo può discostarsi dall' epiteto scientifico, riferendosi ad altri caratteri della pianta (come il suo habitat: montano, marittimo, campestre): lat. Pinus pinea vs it. pino domestico, lat. Pinus pinaster vs ital. pino marittimo, lat. Ulmus aria vs it. olmo montano, lat. Acer pseudoplatanus vs ital. acero di montagna, lat. Acer platanoides vs ital. acero riccio.15

Denominazioni di questo genere sono frequenti nell' ambito delle piante coltivate: l' aggettivo campestre, ad esempio, caratterizza alberi molto comuni in ambiente agrario: acero campestre, olmo campestre. Le piante coltivate vengono classificate ulteriormente, per lo più in base alle caratteristiche del loro frutto: la distinzione in varietà è affidata ancora ad aggettivi o sintagmi riferiti a caratteri morfologici o, maggiormente, all' area di diffusione: Per il castagno abbiamo tra l’altro: marrone rosso, nero, pistolese, fiorentino, castagna pistolese, castagna di Montella (nella provincia di Avellino); ricordiamo ancora: noce di Sorrento, bleggiana, feltrina.

La relazione che intercorre fra denominazione latina (scientifica) e corrispettivo italiano (comune) è difficile da inquadrare entro categorie precise. Il processo di semplificazione operato dal linguaggio della divulgazione (la manualistica per le scuole, ad esempio) e dei media produce vocabolari, che sono più o meno vicini al vocabolario ufficiale, rispetto al quale presentano in genere una minore precisione. Il problema è arduo e non può essere risolto accusando gli usi linguistici della divulgazione di essere “non scientifici”: come si è visto, in Italia come in altri paesi, anche presso la comunità scientifica sono in uso terminologie alternative (pino marittimo, maritime pine) più o meno prossime alla lingua comune.

Concludiamo con un cenno sui toponimi e i fitonimi popolari: denominazioni bizzarre, fantasiose, legate a immagini, riti e tradizioni delle regioni italiane; tralasciando l' analisi semantica ed etimologica, ci limitiamo a fornire alcuni esempi, tratti da Beccaria (1995, 173-280), ordinati secondo i meccanismi alla base della loro formazione (cfr. anche Zamboni 1976): (a) tipo V + N: pasturavacche 'biscione che succhia il latte alle mucche” (Calabria), fugademoni 'Hypericum perforatum' (Piemonte); (b) tipo N + N (o A): ava sucona 'ape zuccona' (Verona), pesce diavolo 'diversi pesci' (varie zone d' Italia), (pesce) vescovo 'Mobula mobular' (Trieste); (c) tipo N + Prep + N (+ A): formiga del diáolo 'formica rossa' (Verona), (anima del) diavolo 'calabrone' (Vicenza), siigalín dai corni 'cicalina' (Verona), rospo di fango 'rana pescatrice' (Chioggia), baol del diaol 'scarafaggio' (Bergamo), diavolo di mare 'vipera di mare, sagri nero, pesce lanterna' (vari dialetti d' Italia), falchetto dai piedi rossi 'falso cuculo' (Lombardia e Veneto), erba / fiore di S. Maria 'Hypericum perforatum' (Sardegna). Come appare in pesce vescovo (tipo 2) il sostantivo può essere omesso; un processo di semplificazione analogo avviene anche nel tipo 3, con la caduta della testa del sintagma e conseguentemente della Prep (anima del diavolo): in tal caso, uno slittamento semantico attribuisce al sostantivo rimasto il significato dell' intera espressione.


1 La distinzione fra sistematica e tassonomia non è molto chiara. Si registra, nell' uso degli studiosi come nei lessici, una certa oscillazione semantica. Secondo alcuni la tassonomia sarebbe la disciplina che stabilisce, su un piano teorico, il criterio di classificazione; come tale essa farebbe parte della sistematica, che più in generale si occupa di ordinare e classificare i viventi. Ciò non ostante non manca, fra gli studiosi, chi considera la sistematica parte della tassonomia (cfr. Heslop-Harrison 1978, 537). Secondo altri l' obiettivo della sistematica è la messa in evidenza di caratteri per raggruppare oggetti in una categoria; quello della tassonomia è invece l' attribuzione di un oggetto rinvenuto a una precisa categoria. Le due branche, in ogni caso, sono a strettissimo contatto, tant' è che non pare opportuno, in questa sede, prendere alcun partito. Ci serviremo di entrambi i vocaboli in riferimento allo studio dei viventi in vista della loro classificazione e in riferimento al relativo sistema di classificazione.

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2 In botanica questi nomi sono spesso riferiti a specie presenti sul territorio (Eurasia, America, Oceania, Africa) della scuola che li conia: la conifera americana Pinus resinosa è detta red pine dai botanici americani; la denominazione pino rosso non esiste in italiano.

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3 Fra il XVI° e il XVII° secolo Andrea Cisalpino (1519-1603) e J. Bauhin (1560-1624) avevano già proprosto sistemi di classificazione delle piante, cominciando a introdurre la terminologia binomia. In questo senso Linneo non è da considerarsi l' inventore del metodo, quanto piuttosto colui che lo ha perfezionato e generalizzato, consegnandolo ai secoli futuri come un' imprescindibile acquisizione culturale (cfr. Gerola 1988, 5-9; Büchi 1994).

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4 Qualora l' epiteto sia costituito da due parole si usa il trattino: p. es. Adiantum capillus-Veneris (Greuter et al. 1997, 43); nel nome specifico la minuscola iniziale, assolutamente categorica in zoologia, è ammessa in alcuni casi in Botanica.

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5 Non è facile seguire tutte le evoluzioni di un sistema che, pur ancorato da secoli alle sue basi, varia continuamente nei suoi particolari. Ci riferiremo per lo più al Codice di Tokyo (Greuter et al. 1997), adottato a partire dal quindicesimo Congresso Internazionale di Botanica, svoltosi a Yokohama fra l' agosto e il settembre del 1993. Il materiale tratto da altri articoli, manuali e saggi, può differire in particolari che sono da considerarsi comunque poco significativi. I criteri della classificazione degli animali sono basati su principi analoghi, anche se sono applicati con minor rigore: accade infatti che i medesimi suffissi ricorrano nelle denominazioni di taxa appartenenti a ranghi diversi (cfr. nota 8). Come punto di riferimento per la classificazione si è fatto ricorso a Gerola 1988 integrandone i dati, quando è sembrato necessario, mediante l’ausilio di alcuni dizionari (Villani 1960; Leftwich 1975; DB 1994; ABG 1999) e di altre opere di riferimento (Gellini / Grossoni 1996-97). Per la lessicografia specialistica riguardante la botanica v. Vignoli (1971 e 1973). Sui problemi generali e i metodi della FP abbiamo presente Dardano 1978.

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6 Per una classificazione più accurata anche botanici e zoologi si servono di ranghi secondari: tribù (lat. tribus), sezione (lat. sectio), serie (lat. series), forma (lat. forma).

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7 Fanno eccezione dei funghi, la cui terminazione regolare è essere -mycota.

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8 Il medesimo suffisso ricorre nella sistematica zoologica, sia pure con minor rigore. esso caratterizza tanto famiglie (lat. Termopsidae -› it. termopsidi) quanto generi (lat. Ichtyopsidae -› it. ittiopsidi).

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9 I sottordini di questa seconda categoria sono caratterizzati dal suffisso -inae: Malvinae.

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10 Il genere Sequoiadendron nasce dalla separazione fra la Sequoia gigantea e la S. sempervirens, i due rappresentanti del genere S. Sequoiadendron giganteum, pertanto, è sinonimo di S. gigantea.

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11 Dai quali si possono trarre aggettivi anche al di fuori della sistematica: Darwin -› darviniano, darvinista; Mendel -› mendeliano. Quest' uso è per altro assai comune e non può considerarsi una peculiarità della botanica e della zoologia.

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12 Alcune polirematiche possono avere un sinonimo monorematico: albero filogenetico = filogramma. L' espressione polirematica, più trasparente, può essere usata (in particolare in manuali o testi divulgativi) accanto al termine monorematico, come una sorta di glossa esplicativa.

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13 Nell' ambito delle scienze biologiche si distinguono l' anatomia comparata (che si occupa degli animali) e l' anatomia vegetale (detta anche morfologia vegetale).

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14 Qui e altrove si noti, nel passaggio dal latino all' italiano, il metaplasmo di genere.

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15 Le voci comuni possono anche non avere alcun legame col nome scientifico latino: ital. ginestra dei carbonai vs lat. Sarothamnus scoparius, ital. germano reale vs lat. Anas boschas.

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Greuter, W. et Alii, 1997, Codice internazionale di nomenclatura botanica (Codice di Tokyo) adottato dal quindicesimo Congresso internazionale di Botanica (Yokohama, agosto-settembre 1993) con impiego della nuova terminologia bionomenclaturale. Commenti introduttivi sulla Bozza di Biocodice dal punto di vista botanico, Biocodice: le future regole internazionali per i nomi scientifici di organismi. Stesura preliminare. Traduzione italiana a cura di P. Mazzola, "Informatore Botanico Italiano", 29, 1.

Heslop-Harrison, J., 1975, Botanica, in Enciclopedia del Novecento, I, Roma, Istituto della Encicolopedia Italiana, 536-556.

 

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