Questo articolo fa parte della sezione
Presentazione di tesi di laurea ed è tratto da
SintAnt. La sintassi dell'italiano antico, a cura di
M. Dardano e G. Frenguelli, Aracne, Roma 2004, pp. 485-488.
La
coniunctio
relativa nell'italiano antico
Mi sono
proposto di analizzare coniunctio relativa [= CR] in
alcuni testi in prosa (sia letterari che di carattere
pratico) compresi nel periodo che va dalle Origini alla fine
del XIV secolo.
Gli studiosi
non sono tutti d'accordo nel definire che cosa sia la CR.
Alcuni, secondo un'accezione ristretta, considerano CR il
caso di un relativo (art. + quale) seguito da un
sostantivo che ha un rapporto
anaforico con un “attacco” precedente; per es.: venne un
uomo insieme ai suo compagni; il quale uomo
era molto stanco. Venne un uomo insieme ai suoi
compagni; della quale venuta tutti si
meravigliarono. Altri ritengono che nell'ambito della CR
rientri qualsiasi proposizione relativa separata dal proprio
antecedente a mezzo di una pausa forte (punto fermo o
simili).
Altri, infine, fanno rientrare nell'ambito della CR anche
locuzioni quali il che, per che (anche con
univerbazione perché), del che, col che,
etc., assimilabili alle corrispondenti la qual cosa,
per la qual cosa, della qual cosa, con la
qual cosa, etc.
Pur condividendo quest’ultima tesi, mi limiterò a
considerare, nella mia analisi, quello che si può
considerare il prototipo della CR, vale a dire il sintagma
“Art. + quale + SN”.
Tale scelta non
sottintende affatto la preferenza per una delle tre
definizioni di CR e non esclude le altre interpretazioni; si
tratta, piuttosto, di una decisone presa contestualmente
alle esigenze di questa ricerca:
-
individuare
un oggetto di analisi quanto più possibile omogeneo,
piuttosto che considerare fenomeni non direttamente
confrontabili fra loro;
-
restringere
il corpus ai testi in prosa, sede privilegiata
delle strategie sintattico-testuali di cui la CR fa
parte; i non frequenti casi di connetti assimilabili
alla CR sono costituiti da locuzioni per che,
il che, etc. Nell’accezione più ristretta, da me
considerata, la CR sembrerebbe assente dalle opere in
versi di Dante (ho condotto un primo sondaggio della
Vita Nova, nella
Commedia
e nel Convivio).
Della CR
osserviamo due aspetti: uno grammaticale, l’altro
sintattico-testuale. Innanzi tutto il relativo perde la sua
funzione pronominale e diventa un aggettivo. Inoltre, e
questa è la cosa più interessante, la CR assume l’aspetto e
la funzione di un connettivo “chiaro” (il riferimento
all’attacco è univoco) e ben “evidenziato” (si ha una
sottolineatura discorsiva). Esaminiamo un noto passo della
Vita Nova:
(2) In quella
parte del libro della mia memoria dinanzi alla quale poco si
potrebbe leggere, si trova una rubrica la quale dice
Incipit Vita Nova. Sotto la quale rubrica io
trovo scripte le parole le quali è mio intendimento d’asemplare
in questo libello, e se non tutte, almeno la loro sententia
(VN: 3-4).
Il
relativo è qui assimilabile piuttosto a un aggettivo
dimostrativo, quasi che l’autore avesse voluto scrivere
'sotto questa rubrica'.
Proprio tale caratteristica fa della CR uno strumento capace
di “disambiguare” periodi sintatticamente complessi. Si veda
l’esempio seguente:
(2) E sacciate
che Olisste era prode huomo e molto bello de suo chorpo ed
era lungo de mesura sette pieie; e avea chon secho molte
barone e gente da biene; e fra gli altre avea chon secho uno
barone che avea nome Choragino; el quale avea uno suo
fratello ch’ avea nome Vivante; el quale Vivante
era molto bello de suo corpo (Corciano: 29-30).
Nel
testo ora citato, tratto da un'opera che è stata composta in
varie riprese nel corso del XIV secolo, la CR, assimilando
la frase a una proposizione indipendente, spezza di fatto la
lunga e farraginosa catena di relative precedenti.
Come
ho già accennato, la CR è importante nella prospettiva
testuale: riferendosi a qualcosa di già detto o nominato, il
sostantivo posposto al relativo rafforza infatti la coesione
dell'inieme. Ciò avviene generalmente in tre modi: i)
ripetendo l’antecedente, come in (1); ii) ripetendo una
parola della stessa base (ricorrenza parziale):
(3) E però che
lo mio pane è purgato da una parte, convienlomi purgare da
l'altra, per fuggire questa riprensione,ché lo mio scritto,
che quasi comento dir si può, è ordinato a levare lo difetto
delle canzoni sopra dette, ed esso per sé fia forse in parte
alcuna un poco duro. La qual durezza, per
fuggire maggiore difetto, non per ignoranza, è qui pensata;
iii)
ricorrendo a un incapsulatore, un sostantivo che rinvia
genericamente a quanto detto in precedenza (es.: cosa,
cagione, disposizione, etc.):
(4) Quando è
l'uomo maculato d'una passione, alla quale tal volta non può
resistere; quando è maculato d'alcuno disconcio membro; e
quando è maculato d'alcuno colpo di fortuna; e quando è
maculato d'infamia di parenti o d'alcuno suo prossimo:
le quali cose la fama non porta seco ma la presenza, e
discuoprele per sua conversazione.
I
testi in prosa dei primi secoli, da me presi in esame, si
rivelano particolarmente interessanti; infatti la CR è un
fenomeno diffuso in questa fase della nostra lingua. Sarebbe
tuttavia utile osservare gli usi della CR nell’italiano
contemporaneo, tracciando le linee evolutive del fenomeno
lungo il corso dei secoli. Nella lingua di oggi la CR, certo
meno frequente che nei testi delle origini, conserva un suo
ruolo, ancorché marginale. Casi di CR non mancano, tanto nel
parlato, quanto nello scritto. Ricordo un'esperienza
personale: nel corso di una recente lezione universitaria,
un docente ha affermato che
(6) il
linguaggio [per Chomsky] è come un pannello con tanti
interruttori, ciascuno
dei quali interruttori
può essere acceso o
spento..
Esempi
simili si ritrovano, per quanto riguarda l’italiano parlato,
nel linguaggio giornalistico e televisivo:
(6) È al
Parioli con una commedia scritta da Paola Tiziana Cruciani:
si chiama Una cena indimenticabile; i protagonisti sono la
stessa Cruciani, Roberto Ciufoli e Gaia De Laurentis.
[applauso del pubblico] Alla quale Gaia De Laurentis
faccio gli auguri perché aspetta un bambino, credo sia di
tre mesi3..
Per
quanto riguarda la lingua scritta, riporto due passi tratti,
rispettivamente, da un testo narrativo (7) e da un testo
saggistico (8)4:
(7) non si può
neppure dire che i grandi progetti di Moku Iti fossero
ignorati dalle autorità superiori. Le quali
autorità, va aggiunto, assistevano imperturbabili,
lettera dopo lettera, allo svolgersi del romanzo del prete (Maggiani
Regina: 274).
(8) Sicché al
savio si richiede soprattutto la "discrezione", la
facoltà appunto di percepire gli elementi infinitesimi da
cui si determina la varietà delle circostanze; la quale
discrezione si giova sì della dottrina e dell'
esperienza e se n' arricchisce (Sapegno
Compendio: 74).
La
presenza di casi simili, sottesi in una così ampia gamma di
tipologie testuali, impone certo l'ampliamento dell’
analisi. Occorrerebbero spogli sistematici tanto di testi
scritti quanto di testi orali (interviste, trasmissioni
televisive, registrazioni dal vivo, etc.). Ho avviato di
recente uno spoglio di testi di vario genere; spero di poter
produrre presto i risultati di questa ricerca.
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