L'orgasmo evidente
Crudelia è un essere
demoniaco. Su di me, evidentemente, ha un potere enorme. Le
basta sfiorarmi, avvicinare il calore delle sue mani ai
luoghi della mia sensibilità per farmi suo, succube del
desiderio di lei, incapace di ogni indipendenza, autonomia.
In altre parole: distacco.
La passione, fuoco creatore in entrambi i sessi, nel maschio
soltanto rivela la propria insaziabile natura, avido
gorgogliare sanguigno dal cuore impazzito alle vertiginose
arterie, flusso inesorabilmente diretto a esaurire le
cavità, soffocare i vasi, tendere i tessuti, veicolare
l'amore attraverso l'alba di un nuovo sole, alto nel cielo
della biancheria intima. E' cosi' che l'Uomo, stretto nei
suoi grezzi calzoni, si arrende all'integrità della donna
che ha fra le braccia, calda in una sfera di marmo burroso,
palpitante nel cuore di una silente necropoli. Le sue membra
trattengono emozioni e piaceri, le sue braccia danzano come
odalische ingioiellate nella selva di riccioli di lui,
miseramente sbottato nell'evidenza di una poderosa erezione.
Il bacio prosegue con la straziante costanza di una nenia,
corpo contro corpo, mucosa contro mucosa, un muscolo turgido
contro un letto di gerani, cannonata su un'orchestra di
silenzi protetta dal cotone di una gonna. Sicura, fidente
nell'incrollabile intesa di ordito e trama, Crudelia
prosegue la tortura: le onde del proprio corpo, lo sfiorarsi
di mani e sessi, il rincorrersi di lingue umide si propaga
come una punizione inevitabile. La danza è lenta: è una
poesia di esametri ben scanditi, una trappola mortale per
l'anima sconvolta di un povero uccello di carne costretto
nella gabbia dei pantaloni. La donna gode, infima, la
sferzata di piacere che le frusta i nervi: il suo corpo
impassibile bluffa una drammatica sconfitta dietro un ordine
solo apparente.
Ansima, è vero, ma potrebbe fingere. Un abile esercizio di
recitazione. E perché mai, Dio santo? Non ce n'è motivo, ma
potrebbe ugualmente essere, nel disegno imperscrutabile di
quella bag...
Ascia. Quel maledetto ariete avanza come un'ascia nel legno
d'un faggio che sta per crollare, senza tuttavia mostrarlo.
Agli occhi del boscaiolo, prigioniero dietro le sbarre
dipinte sul suo straccio sudato, quel tronco fradicio appare
come un vigoroso fusto intatto. I muscoli stanno per cedere,
l'arnese sta per crollare a terra esausto. L'uccello di
carne è sempre più schiavo di una stoffa che sembra il cielo
e invece non è che catrame azzurro, un sadico inganno. Sta
per morire il cigno, vittima di un lago ghiacciato e di un
canto sempre più convulso, sempre più anarchico nella sua
metrica ora forte ora debole, priva dell'antica esattezza,
imprevedibile. E la donna, che è già caduta, resta in piedi,
nella nebbia, la sagoma opaca del nemico crivellato di
metallo che ci irride con la sua statica indifferenza. Siamo
ormai senza munizioni, allo scoperto, a chiederci perché mai
non stramazzi come un fagiano immolato. Muori, maledetta,
perché continui a respirare? Sembra che che soffochi, che
ogni lamento debba essere l'ultimo, ma non muori mai. Mi
stai forse ingannando? Non risponde: è morta ma non puo'
rivelarlo. E' la sua natura ingannatrice. L'offensiva è
violenta quanto inutile. Le fucilate sfondano un corpo
esanime che conserva il sorriso di chi non puo' perdere. E'
un attacco privo di senso. La Donna non reagisce, il faggio
non ondeggia neppure. Perché è già a terra, idiota, non lo
vedi? No, se dimeni furiosamente l'accetta al limite delle
tue forze, se insisti nella tua musica senza più metro fino
a recidere le corde del tuo violino, se cerchi un
virtuosismo che non puo' più saziare altri - il pubblico ha
abbandonato la sala - che non te stesso. Allora avanti,
diritto verso il tornado, oltre la soglia del ripensamento,
oltre il confine che separa la melodia dal tam tam della
grandine sulle lamiere. E' un tritolico finale che non ha
nulla più di umano, è l'animalesca voglia di uccidere - se
lei non è possibile, me stesso. Tu od io, e finalmente la
pace. Che il taglialegna cada, inginocchiato al proprio
ligneo sovrano, che la sua ascia affondi nel terreno
inumidito dal sudore; che il furore di una guerra suicida si
plachi con la morte dell'ultimo pazzo; che regni il
silenzio, sul cigno morto intrappolato nel ghiaccio,
sull'uccello di carne ripiegato su se stesso nel mare delle
proprie lacrime. Riposi in pace, avvolto nel sudario di uno
slip taglia unica, anonimo loculo nel cimitero della
virilità. E' una fossa comune, quella degli uomini,
miseramente sfiniti dall'evidenza di un orgasmo,
pietosamente abbracciati alla propria donna, contusa e
compiaciuta della vittoria, di quel disperato bluff che si
ripeterà milioni di altre volte. Con altri uomini, in altri
luoghi. Noi a colpire, mentre a loro basta sfiorarci per
vincere. |
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