A TUTTA BIRRA [[čeština]]

Un signore che ho conosciuto qui direbbe che non è un caso se, nel corso delle mie peregrinazioni professionali, mi sia capitato di vivere in tre paesi che rivendicano, con orgoglio, il primato della birra migliore. Nel 1999 ero uno studente erasmus nella città di Heidelberg. Ero partito completamente astemio e fu lì che, sotto la spinta della curiosità e degli amici, assaggiai per la prima volta la birra: bionda, ghiacciata, leggermente amarognola. Quattro anni più tardi facevo il contadino a Oostkamp, nelle Fiandre occidentali. Non di rado le mie massacranti giornate si concludevano al bar, fra volti segnati da una indefinibile malinconia che solo Constant Permeke (1886–1952) ha saputo fissare sulla tela. Neanche a dirlo, si beveva birra: scura, forte e dolciastra. Del mio primo giorno a Olomouc, ero qui per il concorso da odborný asistent, ricordo con piacere il pranzo, condiviso con un’altra candidata e innaffiato da una birra artigianale schiumosa e torbida. – Il segreto della buona birra è il luppolo e noi produciamo quello migliore. Perché la birra deve essere innanzi tutto amara, amico mio – mi avrebbe detto Martin, dottorando ceco, qualche mese dopo.

Gli sorrisi e davanti ai miei occhi apparve il fantasma di Fons, il mio vecchio caposquadra fiammingo: – Cechi e tedeschi producono acqua sporca. Una vera birra è forte e le birre belghe, accidenti se sono forti.
A fargli da contrappunto il canuto Hans Eugen, la guida che portava gli studenti Erasmus in giro per la Germania: – Poveri belgi: si vantano d‘aver inventato le patatine fritte, i cioccolatini e la birra. Peccato che le vere patatine siano americane, la vera cioccolata sia svizzera e la vera birra sia tedesca.

Ognuno il suo orgoglio, ognuno le sue ragioni, ognuno i sui stili: trappiste, hefe-weizen, pilsner. Non so proprio quale scegliere come mia regina e mi sento come Paride al cospetto di Era, Afrodite e Atena. Lo sguardo dei tre inquisitori mi incalza e affonda come una lama nel mio petto: – Ehi, ragazzi, restiamo calmi. Beviamoci su.

 

(da «Žurnál UP», 23, 8, 10/3/2014, p. 5)

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