Febbre Da Chomsky [[čeština]]

Olomouc, diciamocelo, non è l‘ombelico del mondo.

È una città piccola e provinciale, con un centro storico che si desertifica nei fine settimana, lasciando Giulio Cesare e il suo cavallo rampante a una sconsolata solitudine.

Fare il ricercatore a Olomouc significa cercare di portare la periferia al centro, risultato che puoi ottenere solo facendo l‘esatto contrario: portando il centro in periferia.

Quando qui arriva Noam Chomsky, è proprio allora che ti rendi conto di dove vivi; del contesto in cui operi. Perché a una metropoli come Berlino, Parigi o perfino Roma un Chomsky scivola addosso come acqua piovana. A Olomouc, invece, l‘arrivo di Noam lascia un segno più che tangibile. Per Chomsky, Olomouc si tira a lucido: si mette il vestito buono, come i contadini di cinquant‘anni fa nel giorno del Signore.

Chomsky arriva in auto blu, pacioso vecchietto canuto, nella più grande sala cinematografica cittadina, pronta ad accoglierlo. Olomouc fa la fila per acquistare i suoi libri: una volta autografati, nessuno li leggerà mai.

Chomsky sale sul palco e Olomouc lo segue per non più di cinque minuti (a Boston accadrebbe lo stesso): fino a quando Noam tira fuori dalla tasca un pennarello e traccia sulla lavagna strabilianti geroglifici. Olomouc lo guarda a bocca aperta, come si guarda un lanciatore di coltelli.

Scrosciano gli applausi. Chomsky concede gli autografi: dieci minuti d‘isteria collettiva, in cui Olomouc sazia la propria fame di eternità. La procace studentessa ceca si fa firmare la t-shirt; lo sfrontato ispanista se lo abbraccia, scattando un selfie; il dottorando iraniano, rimasto nella sua stanza, sorseggia tè e commenta l‘evento su Facebook.

Olomouc, per una sera, è l‘ombelico del mondo.

Due inservienti portano via la lavagna con le formule generativiste di Noam (che ha autografato pure quella): protetta da una teca, sarà esposta al pubblico. Il sipario è pronto a calare nuovamente sulle vestigia imperiali di Olomouc: domani, come si dice, è un altro giorno.

 

(da «Žurnál UP», 24, 3, 3/2015, p. 39; trad. it. di Lenka Kovačova)

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