spazio anche agli
autori musulmani
David Cantagalli
appartiene ad una dinastia di editori. Dirige la società che
fu già di suo padre e di suo nonno, anche se, ci confessa,
“all’inizio la mia vita aveva preso una strada diversa da
quella di continuare la tradizione editoriale di famiglia”.
Cantagalli (www.edizionicantagalli.com)
è il perfetto esempio di una casa editrice di matrice
cattolica che lascia spazio a voci di provenienza diversa.
Il catalogo annovera autori laici come il filosofo francese
Andrè Glouckmann, il saggista americano Joseph Weiler, i
musulmani Meddeb e Souad Sbai; accanto a loro troviamo
figure preminenti del mondo cattolico, primo fra tutti Papa
Benedetto XVI.
E per il
futuro? Quali progetti avete in cantiere?
Posso senz'altro
segnalare un libro al quale stiamo lavorando con il ministro
Sandro Bondi sul tema della bellezza.
Negli ultimi
decenni, parallelamente a un interesse crescente degli
editori laici per opere e temi di carattere religioso, si è
registrata un'apertura delle case editrici cattoliche verso
la cultura laica. Si tratta solo di un modo per ampliare il
proprio mercato?
La Chiesa non deve
rincorrere la modernità. La fede non è qualcosa che cambia
con il progresso scientifico o con l’evoluzione dei costumi.
Diverso è il discorso per chi non crede, e qui interviene
l’invito del Santo Padre Benedetto XVI, contenuto nel Suo
libro scritto quando ancora era Cardinale e pubblicato dalla
nostra editrice dopo l’elezione al Soglio di Pietro, a
vivere come se Dio esistesse. La Chiesa da secoli è in prima
linea nella difesa di diritti fondamentali
condivisi anche da chi non crede. Su questo fronte ha senso
non parlare più di
editoria cattolica. L’aggettivo “cattolico” vale in questo
caso per tutti anche per chi non ha fede.
Le posizioni
assunte recentemente dalla Chiesa circa alcuni importanti
temi etici (fine vita, aborto, AIDS, etc.) sono state
oggetto di critica da parte di parte del mondo cattolico e
"non". Come si deve porre un editore nei confronti dei
pronunciamenti della Chiesa e nel dibattito circa questi
temi?
Parafrasando Gomez
Davila, recentemente citato dal Filosofo Giovanni Reale in
un articolo comparso sul “Corriere della Sera”, ritengo del
tutto insignificanti le critiche fatte alla Chiesa da chi ne
è fuori. Ritengo invece che le critiche fatte da chi è
dentro la Chiesa siano non solo lecite ma anche necessarie.
Cosi è sempre stato, si pensi ad esempio all’opera di San
Francesco, o Santa Caterina da Siena. Le critiche quindi
sono lecite e necessarie, esse però non possono intaccare il
nucleo principale e fondamentale della fede e cioè quell’evento
che si è verificato 2009 anni fa e che ha cambiato la storia
dell’uomo e il suo modo di rapportarsi con gli altri uomini
e con il mondo. Mi pare che l’attuale Pontefice abbia a
cuore questo aspetto e che su di esso incentri la sua
missione di Pastore della Chiesa universale. I recenti
attacchi che gli sono stati rivolti nascondono un altro
intento, diverso da quello dichiarato, e cioè di mettere in
dubbio la verità e la fondatezza del nucleo centrale della
nostra fede. In questo senso gli autori che pubblichiamo
sono “ortodossi”. Il venir meno della storicità di Cristo e
la trasformazione di quegli eventi che si verificarono molto
tempo fa in semplici metafore, che hanno solo una valenza
sociale, compromette la credibilità e la ragionevolezza del
nostro credo. In poche parole, almeno per quanto mi
concerne, la fede non avrebbe senso e non avrebbe ragione di
essere professata se venisse meno la storicità dei Vangeli.
La dialettica quindi, se non va ad intaccare questo nucleo
centrale, è utile e necessaria.
servizio a cura di
Francesco Bianco
(da «La Discussione»,
3/4/2009, pp. 6-7) |