Le opere d’arte (immagini, sculture,
testi) sono prodotte per il piacere che provocano ma
soprattutto come mezzo di conoscenza e di elevazione
spirituale. La grande maggioranza degli oggetti
d’arte è legata a temi religiosi (pitture e statue
raffiguranti Cristo, gli apostoli e i santi,
oggetti e vestiti per la liturgia, ecc.). Questo
però non impedisce di vedere le opere artistiche
come oggetti di lusso, capaci di suscitare anche il
puro piacere estetico. Solo nel Trecento comincia a
diffondersi l’arte laica, che esplora motivi
naturali, mitologici, di caccia, di avventure
cavalleresche, di storia antica. Pochi artisti
godono dello status di celebrità (come Giotto
e Simone Martini): solitamente, l’artista è
percepito come un artigiano che usa con maestria le
tecniche del proprio mestiere, e nulla di più. Gli
artisti non firmano le proprie opere, perché non si
sentono abbastanza importanti. Importante è colui
che li paga – il committente. Per questo motivo
molte opere medievali non sono attribuibili con
certezza a un autore.
In Italia i centri della cultura
sono le città, dove i committenti e il pubblico
sono i borghesi, la nobiltà cittadina o i membri
delle istituzioni ecclesiastiche (chiese, monasteri,
prelati). Manca quasi totalmente un’altra
istituzione culturale: la corte*. Al contrario, in
altri paesi europei (Francia, Spagna, Germania),
nelle corti si sviluppa una ricca letteratura in
volgare, perché i
nobili non capiscono più il latino. Tipica della
letteratura di corte è soprattutto la materia
cavalleresca. In Italia questo tipo di cultura
esiste solo in alcune piccole corti settentrionali,
e comunque in misura modesta. Probabilmente per la
mancanza di grandi corti (particolarmente di una
grande e ambiziosa corte reale) e a causa del
monopolio culturale della Chiesa, in Italia i
volgari letterari si sviluppano con grande ritardo e
in maniera anomala.