Mentre nell’Alto Medioevo si era
usato quasi esclusivamente il latino come
lingua dell’amministrazione e della cultura, nel
Basso Medioevo comincia a svilupparsi la
comunicazione scritta in
volgare (una
lingua viva, parlata in una certa regione). Non
esistono ancora lingue nazionali codificate. Gli
autori di testi letterari, persone di una certa
cultura, spesso scrivono sia in latino sia in
volgare,
a seconda del pubblico cui si rivolgono. I testi
in latino sono destinati al pubblico ecclesiastico
o comunque molto colto; quelli in volgare ai laici
(aristocratici o borghesi) che sanno leggere ma che
non sanno il latino. Anche i testi in volgare hanno
vari gradi di elaborazione estetica: i testi più
raffinati sono destinati al pubblico colto, i testi
più semplici al pubblico più rozzo. La dicotomia tra
le due lingue, durata fino al Rinascimento, riguarda
anche grandi autori come Dante, Petrarca e Boccaccio.
I testi letterari medievali che oggi
possiamo leggere rappresentano solo una piccola
parte della comunicazione letteraria o
semiletteraria. Molti testi si sono persi ma occorre
considerare anche che la maggior parte della
cultura, soprattutto medio-bassa (in senso sociale),
era prevalentemente orale: ce ne sono rimaste solo
poche testimonianze scritte.
Soprattutto in Francia si sviluppa
una ricca produzione letteraria. Proprio del
centro-nord è l’antico francese (da Dante
definito lingua d’oïl, dove “oïl” significa
“sì”), il cui prestigio proviene dall’essere usato
alla corte dei re di Francia. In questa lingua sono
scritti soprattutto poemi epici, che
esprimono i valori portanti del feudalesimo, come
la difesa della religione cattolica, la fedeltà al
proprio signore, il coraggio e la bravura nel
combattimento. Il testo più famoso è l’anonima
Chanson de Roland [šanson d rolán], scritta
nell’XI secolo. Dal XII secolo si diffondono i
romanzi cavallereschi (scritti in versi o in
prosa), i cui temi principali sono le avventure dei
cavalieri, le storie d’amore e la ricerca del Graal.
La società descritta in questi romanzi è già più
problematica: non esistono solo il dovere e la
fedeltà, e i personaggi, spesso, trasgrediscono le
norme sociali. Rispetto all’epica,
questo tipo di letteratura ha una forte dimensione
edonistica: è scritta e letta per piacere, come
intrattenimento. Le storie più famose ruotano
attorno ai personaggi di Re Artù, Lancillotto,
Ginevra, i cavalieri della Tavola rotonda, Perceval.
In Provenza (regione nel sud della
Francia, attorno ad Avignone) si afferma il
provenzale o occitano (da Dante definito
lingua d’oc), lingua delle piccole corti
nobili. È prevalentemente la lingua della
poesia lirica:
amorosa, scherzosa, politica. La poesia,
accompagnata dalla musica, serve da intrattenimento
della corte. Tra i poeti troviamo grandi signori,
membri della nobiltà bassa e anche trovatori*
professionisti, cioè persone che scrivono i testi e
poi li cantano. Il successo poetico garantisce
all’autore un’ascesa sociale e buone condizioni di
vita materiale. La poesia provenzale raggiunge un
alto grado di elaborazione formale, creando un gran
numero di forme poetiche e spesso basandosi sul
virtuosismo nella
rima, nella
costruzione del verso, nei giochi di parole (lo
scrivere versi molto colti e complessi viene detto
trobar clus, letteralmente ‘trovare – cioè
versificare – chiuso’).
La poesia amorosa consiste nella lode
che il poeta tesse di una signora più nobile di lui.
In questo schema si vede forse la condizione dei
poeti, membri della nobiltà bassa, che cercano di
affermarsi nella corte cantando le bellezze e le
virtù della signora feudale. Il loro amore è
ovviamente solo ideale: il poeta non può sperare di
sedurre la sua signora. Esistono però anche testi in
cui sono accennate esperienze erotiche vere. La
poesia provenzale avrà una grande influenza sui
poeti medievali italiani, compresi Dante e Petrarca.
La cultura provenzale sarà però distrutta all’inizio
del Duecento dalla
crociata contro la
setta degli albigesi, cui appartenevano molti
abitanti della Provenza.