Durante tutto il Medioevo, non esiste
la
stampa. I libri –
codici manoscritti – si scrivono o copiano
manualmente, e hanno un grande valore, non solo
intellettuale ma anche materiale. Le tecniche di
produzione della carta non sono ancora state
introdotte e si scrive su pergamena, ossia cuoio di
animali (vacche, pecore), reso adatto alla scrittura
con tecniche particolari di lavorazione.
Siccome i codici manoscritti hanno
un prezzo enorme, solo i testi ritenuti importanti
vengono trascritti. Spesso, se rimane uno spazio
vuoto sulla pagina (per es. nei registri cittadini),
gli scriventi trascrivono anche brevi testi
letterari di carattere amoroso, scherzoso, ecc.: il
caso più famoso è quello dei cosiddetti
Memoriali Bolognesi. Durante il Medioevo si
assiste a un grande cambiamento sia del tipo di
scrittura che della messa in pagina. Gli scrivani e
i copisti usano abbreviazioni per rendere più
rapido il lavoro e non usano la punteggiatura.
Durante la copiatura dei testi si producono molti
errori – per stanchezza, distrazione, non
comprensione delle abbreviazioni o anche per
semplice ignoranza. Nel copiare da un manoscritto
all’altro, il testo si corrompe inevitabilmente.
Nel Trecento, per opera dei primi
umanisti, cominciano a diffondersi alcuni
procedimenti filologici. Gli umanisti si impegnano
a individuare gli errori. Usano il confronto (‘collazione’)
tra le diverse copie manoscritte di uno stesso testo
e valutano quale sia la migliore lezione (ovvero la
migliore variante del testo). La loro ottima
conoscenza linguistica permette loro di arrivare ad
alcune soluzioni anche per intuizione. Dalle loro
pratiche nasce la
filologia
nel senso della critica testuale, una
disciplina che studia la ‘tradizione’ (diffusione)
manoscritta e cerca di arrivare alla versione più
fedele al testo originale. La paleografia si
occupa invece di decifrare, datare e classificare le
grafie antiche (meno decifrabili di quelle moderne),
mentre la codicologia studia i manoscritti
antichi (quelli precedenti all’invenzione della
stampa a caratteri
mobili, detti appunto codici).
Alcuni codici sono anche preziose
opere d’arte perché sono miniati: contengono
miniature (piccole immagini e ornamenti), alcune
delle quali di enorme valore artistico e realizzate
da famosi miniatori (artisti specializzati nel
dipingere le miniature). Nel Duecento ricomincia a
diffondersi la carta e il libro diventa più
accessibile anche al pubblico medio.