Lo studio degli umanisti, come è
stato detto, parte dalla
filologia e dalla
ricostruzione dei testi. Questo lavoro comporta
un’ottima conoscenza del latino, quindi gli umanisti
concentrano la loro attenzione anche sulle forme del
latino classico e sulle questioni linguistiche e
stilistiche. Il latino medievale non era uguale a
quello classico: molte forme erano state
semplificate; si erano persi il senso
dell’equilibrio sintattico e l’armonia stilistica
(per es., mancava la capacità di creare periodi
complessi e di dare un bel ritmo alla frase, di
evitare le ripetizioni di parole, di evitare parole
di origine barbarica). Nel latino erano stati
incorporati elementi di lingue dei popoli barbarici
(gotiche, longobarde, ecc). Gli umanisti, dunque,
cercano di depurare il latino da queste
modificazioni medievali e di avvicinarsi alle forme
classiche. Il loro motto è il ritorno “ad fontes”,
alle fonti, cioè il lavoro con i testi originali
dell’antichità classica. Nel Medioevo, infatti, il
contatto diretto con i classici era stato limitato
e il latino si studiava prevalentemente su manuali
scolastici. Gli umanisti diffidano anche di
enciclopedie e di compilazioni medievali, che
trasmettono informazioni imprecise o del tutto
sbagliate.
Lo studio dei classici, comunque, non
si arresta al livello linguistico e stilistico. Gli
umanisti cercano di ricostruire il mondo classico
in tutte le sue dimensioni, anche in quella storica,
civile, letteraria, filosofica, scientifica,
artistica, religiosa. Nei propri scritti eruditi
usano gli elementi della civiltà antica; confrontano
il mondo antico con quello presente; cercano di
proporre gli esempi antichi per migliorare le
condizioni della società umana attuale. Come già
Petrarca, gli umanisti prendono come esempio
dell’agire umano non i santi che si sono
sacrificati per la fede, ma le grandi personalità
antiche come capitani, statisti, imperatori e
filosofi. Ne ammirano i successi in guerra, nel
governo dello stato, il sacrificio non per fini
divini ma per la società umana, la modestia,
il coraggio, l’eloquenza, la resistenza, la
perseveranza, l’onestà, ecc. Soprattutto la storia
di Roma di Livio, che celebrava le virtù
repubblicane, era piena di esempi come questi. Da
queste storie esemplari nasce il concetto di virtù,
di capacità individuale, che influenza profondamente
la mentalità rinascimentale.
Il centro dell’attenzione degli
umanisti è l’uomo stesso, nei suoi aspetti reali:
il suo modo di pensare, di agire, di aggregarsi
nella comunità umana, di fare cose importanti
nell’ambito della società, del pensiero e dell’arte.
Come esempio di questa priorità e dell’orgoglio
degli umanisti nel portare qualcosa di nuovo e
utile, si può menzionare la rivalità tra gli
studi umanistici e quelli naturali, i cui emblemi
erano la giurisprudenza e la medicina. Sin dai tempi
di Petrarca, gli umanisti disprezzano le scienze
naturali e meccaniche, sostenendo che sono inutili e
ridicole. A loro parere, queste discipline non
servono a niente e consistono solo nel ripetere le
frasi di Aristotele, tradotte e male interpretate.
Ma è anche una questione di principio: i beni
esterni e materiali non sono importanti per l’uomo;
importanti sono la società umana, la virtù,
l’onestà, la cultura. Proprio le leggi sono il
simbolo di una società ben regolata, civile, giusta
e armonica.